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Repricing Gap

Aggiornamento: 4 gen

Introduzione

Il modello del repricing gap misura e gestisce il rischio di interesse di una banca, partendo dalla diversa sensibilità delle sue attività e passività alle variazioni dei tassi di mercato. È un approccio "reddituale", poiché si concentra sul margine di interesse e sugli utili correnti, in contrapposizione ai modelli "patrimoniali" come il duration gap, che si focalizzano sul valore di mercato del patrimonio.

Il concetto di gap

Il gap è una misura sintetica di esposizione al rischio di interesse che lega le variazioni dei tassi di interesse di mercato alle variazioni del margine di interesse (differenza fra interessi attivi e interessi passivi). Ne segue che il rischio di interesse è in questo caso identificato dalla possibile variazione inattesa di tale variabile. Il gap (G) di un determinato periodo t oggetto di analisi (gapping period) è definito come la differenza fra la quantità di attività sensibili (AS) e passività sensibili (PS) alle variazioni dei tassi di interesse:



Il termine «sensibili» indica in questo caso le attività e passività che giungono in scadenza o che prevedono una revisione del relativo tasso di interesse nel corso del periodo t. Il gap è dunque una quantità espressa in termini monetari. L’utilità del concetto di gap può essere colta analizzando il suo legame con il margine di interesse (MI). A questo scopo si consideri che il MI è dato dalla differenza fra interessi attivi (IA) e interessi passivi (IP). Questi ultimi possono a loro volta essere ottenuti come prodotto rispettivamente fra il totale delle attività finanziarie (AFI) e il livello medio dei tassi attivi (ia) e il totale delle passività finanziarie (PFI) e il livello medio dei tassi passivi (ip). Indicando con ANS e PNS rispettivamente le attività e le passività finanziarie non sensibili a variazioni dei tassi di interesse, e omettendo per brevità il t, che consideriamo dato, è possibile dunque rappresentare il margine di interesse come:




Da cui:



Questa si basa sulla semplice considerazione che le variazioni dei tassi di interesse di mercato producono effetti unicamente sulle attività e passività sensibili. Se ipotizziamo infine che la variazione dei tassi di interesse attivi sia uguale a quella dei tassi passivi:




Si ottiene:




L’equazione mostra come la variazione del margine di interesse sia una funzione del gap e della variazione dei tassi. In altri termini, il gap rappresenta la variabile che lega le variazioni del margine alle variazioni dei rendimenti di mercato. In particolare, mostra come un rialzo dei tassi di interesse produca un aumento del margine di interesse in presenza di un gap positivo. Questo perché la quantità di attività sensibili per le quali si avrà una rinegoziazione e dunque un aumento del tasso di interesse supera quella delle passività sensibili. Ne segue che gli interessi attivi cresceranno più degli interessi passivi, conducendo a un rialzo del margine di interesse. Viceversa, in presenza di un gap negativo un rialzo dei tassi di interesse conduce a una diminuzione del margine di interesse. Questo ci consente di comprendere che in presenza di aspettative di rialzo dei tassi di mercato, una banca ha interesse a ridurre il valore assoluto di un eventuale gap negativo o ad aumentare la dimensione di un eventuale gap positivo, e viceversa.

Con un Gap > 0 (reinvestimento netto positivo) se il ∆i > 0 (tassi più elevati) allora ∆MI > 0 mentre se ∆i > 0 (tassi meno elevati) allora ∆MI < 0.

Con un Gap < 0 (rifinanziamento netto positivo) succede esattamente il contrario di quanto detto appena sopra

In presenza di una simile aspettativa la banca avrebbe dunque convenienza a ridurre le attività sensibili o, alternativamente, ad aumentare le passività sensibili. D’altra parte, in assenza di particolari aspettative circa l’evoluzione dei tassi di interesse di mercato, una politica di immunizzazione.

Dal concetto di gap si possono ricavare alcuni indicatori molto diffusi nella gestione del rischio di interesse. Il primo, ottenuto rapportando il gap al valore dei mezzi propri della banca, consente di esplicitare l’impatto che una variazione dei tassi di mercato avrebbe sul rapporto fra margine di interesse e mezzi propri, un indicatore di redditività della gestione denaro, ossia dell’attività di intermediazione creditizia tradizionale, assai utilizzato:




Analogamente, rapportando il gap al totale delle attività fruttifere di interessi (AF), si ottiene una misura della sensibilità alla variazione dei tassi di mercato di un altro indicatore di redditività di largo impiego nella gestione bancaria, ossia il rapporto fra margine di interesse e attività fruttifere:




Un terzo indicatore utilizzato frequentemente per effettuare confronti nel tempo (evoluzione dell’esposizione al rischio di interesse della banca) e nello spazio (nei confronti di altre banche) è il rapporto fra attività sensibili e passività sensibili, anche denominato gap ratio:



Diversamente dal gap assoluto, che è una misura monetaria, il gap ratio presenta il vantaggio di essere insensibile alla dimensione della banca. Ciò lo rende particolarmente appropriato come indicatore per effettuare confronti fra banche di dimensioni differenti.

1.3 - Il maturity-adjusted gap

L'analisi precedente si basa sull'ipotesi che le variazioni dei tassi di mercato influenzino gli interessi su attività e passività sensibili per l'intero esercizio, permettendo di calcolare il margine di interesse come prodotto tra gap e variazione dei tassi. Tuttavia, anche se le attività e passività sensibili hanno lo stesso valore complessivo, le loro scadenze non coincidono, creando un rischio di tasso che il modello base del repricing gap non rileva. Per affrontare questo problema, si introduce il concetto di maturity-adjusted gap, che considera l'effetto delle variazioni dei tassi solo per il periodo che intercorre tra la scadenza o il riprezzamento e la fine dell'anno. Più in generale, nel caso di una qualunque attività sensibile j che frutta un tasso d’interesse ij, l’ammontare di interessi attivi percepito nel successivo anno sarà dato da



dove sj indica il periodo, espresso in frazione d’anno, da oggi fino alla scadenza o data di revisione del tasso dell’attività j-esima. Gli interessi attivi connessi a una generica attività sensibile vengono dunque suddivisi in due componenti: una componente certa, rappresentata dal primo addendo dell’equazione, e una componente incerta, connessa alle condizioni future dei tassi di interesse, rappresentata dal secondo addendo dell’equazione. La variazione degli interessi attivi è dunque determinata esclusivamente dalla seconda componente:



Volendo esprimere la variazione complessiva degli interessi attivi connessi all’insieme delle n attività sensibili della banca, si ottiene:



Allo stesso modo, la variazione degli interessi passivi generati da una generica passività sensibile k-esima può essere espressa come:



e la variazione complessiva degli interessi passivi connessi all’insieme delle m passività sensibili della banca, si ottiene come:



Ipotizzando una variazione uniforme dei tassi di interesse attivi e passivi è ora possibile stimare la variazione del margine di interesse della banca:



dove  indica il gap corretto per la scadenza (maturity adjusted gap), ossia la differenza fra attività e passività sensibili, ognuna ponderata per il periodo compreso fra la data di scadenza o di revisione del tasso e la fine del gapping period, fissato a 1 anno.

1.4 - Gap marginali e cumulati

Per considerare le scadenze effettive nel gapping period, si possono calcolare gap marginali e cumulati come alternativa al maturity-adjusted gap. Non esiste un gap "assoluto" per una banca, poiché il gap dipende dalla definizione del periodo di riferimento (1 mese, 3 mesi, 6 mesi, 1 anno, ecc.). Per comprendere correttamente l'esposizione della banca alle variazioni dei tassi di mercato, è necessario analizzare i gap su diverse scadenze. A questo scopo occorre in particolare distinguere fra:

·      gap cumulati (Gt1, Gt2, Gt3), definiti come differenza fra attività e passività che prevedono la rinegoziazione del tasso entro una determinata data futura (t1, t2 > t1, t3 > t2, ecc.);

·      gap periodali o marginali (G′t1, G′t2, G′t3), definiti come differenza fra attività e passività che prevedono la rinegoziazione del tasso in un particolare periodo futuro (per es.: tra 0 e t1, o tra t1 e t2, ecc.)

Si noti che il gap cumulato relativo a un certo t non è altro che la somma algebrica di tutti i gap marginali relativi a t e ai periodi precedenti. Di conseguenza, i gap marginali sono sempre ricavabili come differenza tra gap cumulati adiacenti. Per esempio:




P.S. Potrebbe accadere che il gap cumulato fornisca l’impressione che la banca è coperta dal rischio di interesse perché il margine di interesse è insensibile a variazioni dei tassi di mercato. Questa impressione sarà ingannevole dal momento in cui i gap marginali ci segnalano che detiene una posizione lunga (attività superiori delle passività) per determinati mesi e una posizione corta (passività superiori delle attività). È possibile stimare, attraverso i gap marginali, la reale esposizione della banca alle evoluzioni future dei tassi. A tal fine, calcoliamo una scadenza media, che è semplicemente la data a metà strada tra data iniziale (tj – 1) e data finale (tj) del periodo:



Approssimando con  la data di revisione del tasso per tutte le attività e passività sensibili che ricadono all’interno del gap marginale , diventa possibile scrivere una versione semplificata dell’equazione , che non richiede la conoscenza dell’effettiva data di riprezzamento di ogni singola attività e passività sensibile, ma solo l’informazione circa il valore dei diversi gap marginali:



 rappresenta il gap cumulato ponderato a un anno; l’indicatore, ottenuto come somma dei gap periodali ponderati per il relativo tempo medio mancante alla fine del gapping period, è un indicatore della sensibilità del margine di interesse a variazioni dei tassi di mercato ed è dunque anche chiamato duration del margine di interesse.                                                                 Oltre che a velocizzare i calcoli, sostituendo il maturity-adjusted gap con il gap cumulato ponderato, i gap marginali si prestano a un’ulteriore applicazione. Essi consentono infatti di prefigurare l’impatto sul margine di più variazioni infra-annuali nei tassi di interesse.

Per quantificare correttamente gli effetti delle variazioni infra-annuali dei tassi di mercato sul margine di interesse, è necessario considerare il diverso orizzonte temporale in cui queste variazioni agiscono. I gap marginali permettono di valutare l'effetto di traiettorie multiple dei tassi, piuttosto che di un'unica variazione. Anche con un gap cumulato ponderato, una singola variazione dei tassi non immunizza la banca dal rischio, perché:

  1. Le variazioni dei tassi incidono diversamente su attività e passività sensibili nei vari periodi (gap cumulato ponderato ≠ 0).

  2. Più variazioni opposte dei tassi possono interagire con i gap marginali (gap marginali ≠ 0).

Per eliminare il rischio di interesse seguendo la logica del repricing gap, i gap marginali di ogni singolo periodo dovrebbero essere nulli. Tuttavia, ottenere un bilanciamento perfetto tra attività e passività in ogni momento è irrealistico, dato il ruolo di trasformazione delle scadenze che le banche svolgono. In pratica, le banche spesso si limitano a gestire i gap marginali in periodi standardizzati (es. 0-1 mese, 1-3 mesi, ecc.), adattando i gap con strumenti di copertura che hanno scadenze anch'esse standard. La standardizzazione è legata principalmente a esigenze di semplificazione e alla disponibilità di strumenti di copertura con scadenze definite.

 

1.5 - I limiti del modello del repricing gap

La misurazione del rischio di interesse tramite la tecnica del repricing gap, pur diffusa, presenta diversi problemi:

  1. Ipotesi di variazioni uniformi dei tassi: Il modello del repricing gap assume che le variazioni dei tassi attivi e passivi, e dei tassi con diverse scadenze, siano uniformi. Tuttavia, nella realtà, le attività e passività della banca possono rispondere in modo diverso alle variazioni dei tassi di mercato. Questa differenza può derivare dal potere contrattuale variabile della banca con i diversi segmenti della clientela. Di conseguenza, il modello può non riflettere accuratamente l’impatto delle variazioni dei tassi sui margini di interesse.

  2. Trattamento delle poste a vista: Le poste a vista, come i depositi in conto corrente e le aperture di credito, non hanno una scadenza definita e sono difficili da gestire con il repricing gap. Sebbene queste poste dovrebbero teoricamente essere sensibili alle variazioni dei tassi di mercato, in pratica, i tassi su tali poste spesso non si adeguano immediatamente. Questo ritardo è dovuto a vari fattori, tra cui i costi di transazione per i clienti che cambiano banca, le condizioni contrattuali vantaggiose ottenute tramite rapporti prolungati, e la capacità limitata di alcune imprese di ottenere finanziamenti da altre banche. Inoltre, l'adeguamento dei tassi è spesso asimmetrico, con le variazioni che riflettono più rapidamente gli aumenti dei tassi piuttosto che le loro diminuzioni.

  3. Mancata considerazione degli effetti su quantità di fondi intermediati: Il modello del repricing gap si concentra esclusivamente sugli effetti delle variazioni dei tassi sul margine di interesse, senza considerare come queste variazioni possano influenzare la quantità di attività e passività. Ad esempio, una riduzione dei tassi può indurre i clienti a rimborsare prestiti a tasso fisso e aumentare la domanda di nuovi prestiti, mentre un aumento dei tassi può portare a una contrazione delle passività a vista, come i depositi. Questi cambiamenti nelle quantità intermediati non sono considerati dal modello, limitando la sua accuratezza nella valutazione complessiva del rischio.

  4. Mancata considerazione degli effetti sui valori di mercato: Il modello non tiene conto degli effetti delle variazioni dei tassi di interesse sui valori di mercato delle attività e passività. Un aumento dei tassi, ad esempio, riduce il valore di mercato di titoli obbligazionari e mutui a tasso fisso, ma il repricing gap si concentra solo sui flussi reddituali e non sui cambiamenti nei valori di mercato. Questo può portare a una sottovalutazione del rischio di interesse, poiché non si considera l'impatto complessivo delle variazioni dei tassi sui bilanci della banca.

Questi problemi sono importanti da considerare e vengono affrontati in modo più approfondito nei capitoli successivi, con l’obiettivo di trovare soluzioni più accurate per la gestione del rischio di interesse.

1.6 - Alcune possibili soluzioni

Per superare il problema della diversa reattività dei tassi attivi e passivi alle variazioni dei tassi di mercato, si può adottare un metodo che stima questa sensibilità e la integra nella valutazione del gap. Questo approccio si articola in tre fasi principali:

  1. Identificazione di un tasso di riferimento: Scegliere un tasso di riferimento, come il tasso interbancario a 3 mesi (Euribor 3 m), per analizzare le variazioni.

  2. Stima della sensibilità dei tassi bancari: Calcolare quanto i tassi attivi e passivi della banca reagiscono alle variazioni del tasso di riferimento. Questa sensibilità è espressa con coefficienti specifici per ogni tasso, indicati come  per le attività e  per le passività.

  3. Calcolo del "gap corretto": Utilizzare i coefficienti di sensibilità per calcolare un gap che rifletta più accuratamente l'impatto delle variazioni del tasso di riferimento sul margine di interesse della banca. Questo gap corretto tiene conto delle differenze di reattività tra i vari tassi.

Ad esempio, se i prestiti a tasso variabile hanno un coefficiente di sensibilità di 0,95, significa che un aumento di un punto percentuale dell’Euribor a 3 mesi comporterà una variazione del tasso d'interesse di 0,95 punti percentuali. Questo principio si applica a tutte le poste sensibili, consentendo di calcolare la variazione complessiva del margine di interesse in risposta alle modifiche del tasso di riferimento. Ne segue che anche gli interessi attivi a essi associati subiscono una variazione analoga. Poiché ciò è vero per tutte le n attività e m passività sensibili, possiamo riscrivere la variazione del margine d’interesse conseguente a variazioni nell’Euribor a tre mesi come:



La quantità tra parentesi prende il nome di gap standardizzato e rappresenta il repricing gap corretto per la diversa sensibilità delle attività e delle passività a variazioni dei tassi di mercato.  Se il valore del gap standardizzato è maggiore del gap che si sarebbe ottenuto senza tenere in considerazione la diversa sensibilità dei tassi di interessi passivi e attivi, questo è dovuto al fatto che le attività sensibili, oltre a essere più consistenti delle passività, sono anche “più sensibili” alle variazioni dell’Euribor (il valore medio ponderato dei β è superiore al valore medio ponderato dei γ). Dato il valore positivo del gap standardizzato, l’equazione suggerisce che, se si verifica un aumento dei tassi di mercato, la banca subisce un aumento del margine di interesse; l’entità di tale aumento è ovviamente maggiore di quella che si sarebbe stimata mediante l’utilizzo del repricing gap semplice. Lo stesso vale in caso di ribassi dei tassi di interesse di mercato (il margine di interesse della banca subisce una diminuzione maggiore di quella stimata mediante il gap non standardizzato).

Per migliorare la misurazione del rischio di interesse e affrontare i problemi legati al trattamento delle poste a vista, è necessario affinare il metodo del gap standardizzato seguendo un approccio più dettagliato. Ecco come procedere:

1.        Stima della Struttura dei Ritardi

Il primo passo consiste nell'analizzare quanto tempo impiegano i tassi di interesse delle poste a vista per adeguarsi a variazioni dei tassi di mercato. Questo viene fatto stimando i ritardi medi di adeguamento per ogni tipo di posto a vista. L'analisi statistica dei dati passati permette di determinare i tempi di risposta dei tassi rispetto alle variazioni del tasso di riferimento, come l’Euribor a 3 mesi. Ad esempio, se i depositi a vista mostrano un coefficiente di sensibilità del 80% all’Euribor, ciò significa che una variazione di un punto percentuale del tasso Euribor comporta una modifica di 80 punti base nel rendimento medio dei depositi a vista.

2.        Calcolo del Gap Corretto

Dopo aver stimato la sensibilità dei tassi delle poste a vista alle variazioni del tasso di riferimento, è necessario calcolare un "gap corretto". Questo gap tiene conto della diversa reattività delle poste attive e passive ai cambiamenti dei tassi di mercato. Il gap corretto viene calcolando moltiplicando ogni attività e passività per il relativo coefficiente di sensibilità. Per esempio, se i prestiti a tasso variabile hanno un coefficiente di sensibilità di 0,95, significa che una variazione di un punto percentuale del tasso Euribor comporterà una variazione dello 0,95% nei tassi dei prestiti e negli interessi attivi correlati.

3.         Allocazione dei Depositi a Vista

I depositi a vista devono essere allocati sui vari periodi di scadenza in base ai ritardi di adeguamento dei tassi. Utilizzando i dati di sensibilità e ritardo, è possibile ripartire l’importo totale dei depositi a vista tra le diverse fasce temporali. Ad esempio, se 380 milioni di euro di depositi a vista hanno un coefficiente di sensibilità dell’80%, 304 milioni di euro andranno considerati nel calcolo del gap. Questi 304 milioni devono poi essere distribuiti sui vari periodi di scadenza (ad esempio, 10 milioni entro un mese, 150 milioni entro tre mesi, ecc.) in base ai ritardi di adeguamento identificati.

4.         Considerazione della Direzione dei Tassi

Poiché l’adeguamento dei tassi può essere asimmetrico, è importante calcolare due distinti gap standardizzati: uno per i rialzi dei tassi e uno per i ribassi. Questo approccio consente di valutare come le variazioni positive e negative dei tassi influenzano il margine di interesse. In pratica, si crea una versione del gap per scenari di aumento dei tassi e una per scenari di diminuzione, considerando che le banche potrebbero reagire in modo diverso a seconda della direzione dei tassi.

5.         Regolamentazione e Simmetria

In Italia, il decreto Bersani (Legge n. 248 del 4 agosto 2006) impone che le banche aggiornino i tassi attivi e passivi in modo simmetrico. Questo decreto obbliga le banche a modificare i tassi su impieghi e depositi in modo uniforme, riducendo l'asimmetria e garantendo che le variazioni dei tassi di mercato non creino svantaggi per i clienti. Questa regolamentazione contribuisce a una maggiore equità e trasparenza nell’adeguamento dei tassi di interesse.

Questo metodo raffinato permette una valutazione più accurata dell'esposizione al rischio di interesse, considerando i ritardi di adeguamento e la simmetria nei cambiamenti dei tassi, e migliorando la gestione del rischio attraverso una rappresentazione più realistica delle dinamiche di mercato.

Il calcolo del gap standardizzato per misurare il rischio di interesse può essere ulteriormente perfezionato per considerare l'elasticità delle quantità rispetto ai cambiamenti nei tassi. In teoria, se una variazione dell'1% nei tassi di riferimento comporta una modifica del rendimento pari a β e una variazione del volume dell'attività pari a x%, il coefficiente β potrebbe essere adattato a β′ = β * (1 + x%) per riflettere sia le variazioni nel rendimento che i cambiamenti nei volumi. Questo stesso principio si applica ai coefficienti γ per le passività sensibili.

Tuttavia, implementare questa modifica presenta sfide significative. La domanda di attivi e passivi bancari non dipende solo dai tassi di interesse, ma è influenzata da altri fattori come il ciclo economico, le preferenze di liquidità, e i rendimenti degli investimenti alternativi. Inoltre, la relazione tra tassi e quantità potrebbe essere non lineare, rendendo difficile l'uso di un semplice coefficiente x per rappresentare l'effetto totale. Le complessità di modellare queste interazioni in modo accurato richiederebbero approcci econometrici avanzati e potrebbero rendere il modello meno trasparente e più difficile da interpretare.

Per queste ragioni, nella pratica si tende a escludere l'effetto dell'interazione tra prezzi e quantità, concentrandosi invece sul calcolo del rischio di interesse basato sui flussi di reddito. Questo approccio, tuttavia, non coglie gli effetti complessivi delle variazioni dei tassi sui valori di mercato degli attivi e delle passività.

Il gap standardizzato, basato solo sui flussi di interesse, non è in grado di considerare le modifiche nei valori patrimoniali dovute a cambiamenti nei tassi di interesse. Per affrontare questo limite e valutare completamente il rischio di interesse, è necessario adottare un metodo patrimoniale come il duration gap. Il duration gap misura l'impatto delle variazioni dei tassi sui valori di mercato degli strumenti finanziari, offrendo una visione più completa dell'esposizione al rischio di tasso di interesse rispetto al solo margine di interesse.

 

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