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Nuova Escalation Russia-Europa: tra provocazioni militari e calcoli geopolitici

Vladimir Putin e Donald Trump
Vladimir Putin e Donald Trump in Alaska

Il mese di settembre ha segnato un nuovo livello di escalation nei rapporti tra Russia ed Europa. Tra il 9 e il 10 settembre, circa venti droni russi hanno violato lo spazio aereo della Polonia, un Paese membro dell’Unione Europea e della NATO.Durante i conflitti, episodi di sconfinamento non sono insoliti e talvolta possono essere attribuiti a incidenti tecnici o errori di navigazione. Tuttavia, in questo caso è difficile pensare a un semplice errore: si tratta con ogni probabilità di azioni deliberate, concepite dal Cremlino per testare le capacità di reazione dei Paesi europei e, soprattutto, per verificare la credibilità del sistema di difesa collettiva garantito dalla NATO.

A rafforzare questa interpretazione è arrivato un secondo episodio ancora più clamoroso: tre caccia russi MiG-31 hanno violato lo spazio aereo dell’Estonia, rimanendovi per circa dodici minuti prima di essere scortati fuori da jet NATO decollati dalla base di Sigonella. Un’azione di questo tipo non può essere liquidata come una distrazione: è una provocazione consapevole, rischiosa e politicamente significativa.


Perché Putin osa così tanto?

Secondo diversi analisti, le condizioni che oggi consentono a Vladimir Putin di spingersi fino a questo punto sono state create anche sul piano geopolitico. Dopo l’incontro tra Donald Trump e lo stesso Putin in Alaska, sembra emergere un quadro chiaro: l’ex presidente statunitense non considera la difesa dei Paesi europei una priorità.

Nonostante le pressioni e gli ultimatum lanciati a Mosca per arrivare a una tregua con l’Ucraina, Putin non ha mai rispettato gli impegni presi, e Trump non ha mai reagito con decisione. Al contrario, ha spesso minimizzato le violazioni russe, concesso ulteriore tempo e, nei fatti, indebolito la deterrenza americana.

Questa inattività offre a Putin un margine di manovra prezioso: Mosca può intensificare le sue provocazioni senza temere conseguenze dirette da Washington, anche in caso di attivazione dell’articolo 5 del Trattato Atlantico.


Tre possibili letture delle incursioni russe

Escludendo l’ipotesi di incidenti o errori involontari, le recenti azioni russe possono essere interpretate secondo due principali chiavi di lettura:


1. Terrorismo psicologico

Putin potrebbe utilizzare queste incursioni come strumento di pressione psicologica sui governi europei e sulle loro opinioni pubbliche. La logica è chiara: alimentare il timore di un conflitto diretto tra Russia e NATO per spingere i cittadini europei a chiedere ai propri governi un ridimensionamento del sostegno all’Ucraina.

Questo approccio trova una conferma indiretta nel legame temporale tra le sanzioni occidentali e le provocazioni russe: poche ore dopo l’approvazione del 19° pacchetto di sanzioni UE, il 19 settembre, si è verificata l’incursione dei jet russi nello spazio aereo estone.È un segnale: più sanzioni subisce la Russia, più alta diventa la sua capacità di minacciare la stabilità dei Paesi vicini.

Non va dimenticato che le sanzioni, già oggi pesantissime sull’economia russa di guerra, continueranno a condizionare il Paese anche nel futuro, quando Mosca cercherà di tornare a un’economia di pace.


2. Test militari per valutare la NATO

Un’altra interpretazione vede in questi sconfinamenti una sorta di “stress test” militare.Putin potrebbe voler misurare tempi, modalità e coordinamento delle risposte occidentali. Questi dati sarebbero fondamentali per valutare la fattibilità di azioni più aggressive in futuro, magari ai danni di Paesi che un tempo appartenevano all’orbita sovietica.

In quest’ottica, le incursioni non sarebbero solo provocazioni, ma veri e propri esperimenti sul campo, con implicazioni di lungo periodo.


3. Trump, il petrolio e l’Europa

Infine, c’è una dimensione economica da non sottovalutare. L’interesse principale di Trump, oggi, sembra essere quello di garantire che l’Europa non acquisti più petrolio russo, né direttamente né attraverso triangolazioni.Un ragionamento che, in teoria, appare logico: a cosa serve imporre sanzioni se poi continuiamo a finanziare Mosca acquistando le sue risorse energetiche?

In realtà, l’obiettivo dell’ex presidente americano è soprattutto quello di favorire il petrolio statunitense. Il problema, però, è che il greggio americano è più costoso di quello russo e richiede costi di trasporto elevati. Se l’Europa fosse costretta a rinunciare totalmente al petrolio russo, subirebbe un incremento dei costi energetici difficilmente sostenibile. A guadagnare sarebbero gli Stati Uniti, mentre i Paesi europei si troverebbero schiacciati tra inflazione e recessione.





 
 
 
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