Roma: una città in ostaggio dei Tassisti
- Financial Corner
- 13 ott
- Tempo di lettura: 6 min

Andiamo dritti al punto. Roma è in ostaggio dei tassisti. La città più importante del nostro Paese non ha un servizio pubblico efficiente e ciò è di facile constatazione semplicemente provando a richiedere una corsa con taxi ad una delle varie fermate presenti nella capitale o attraverso le app dedicate. La lobby dei tassisti è un problema che riguarda Roma e tutta l’Italia. Non è possibile aspettare un’eternità ad un punto fermata perché nessun taxi è disponibile perché magari ha già dei clienti in auto o perché ha ricevuto una corsa prenotata. Il problema di tale disservizio è noto e, purtroppo, lo è anche la reazione dei tassisti dinnanzi a possibili soluzioni tra le quali, in primis, l’aumento delle licenze per rendere più omogeneo il rapporto di domanda-offerta.
Molto spesso siamo costretti a ricorrere a servizi privati perché non abbiamo modo di salire su un taxi e, di conseguenza, a sostenere generalmente un costo superiore rispetto a quello che potremmo avere se potessimo usufruire del classico servizio nonché, rimarchiamo, pubblico. La lobby dei tassisti ha sempre cercato di trarre vantaggio da tale situazione in quanto avere una domanda estremamente alta ed un’offerta bassa garantisce ad essi lavoro costante e garantito, a discapito dei cittadini che rimangono a piedi. I tassisti hanno sempre scioperato, aumentando ulteriormente i disagi, verso qualsiasi tentativo di migliorare tale situazione. Ripercorriamo gli ultimi tentativi di ridurre questo problema e la reazione avuta dalla lobby:
• 2022: Governo Draghi e il Ddl Concorrenza, il fronte dei tassisti contro l’articolo 10
- Il 2022 segna uno dei momenti di maggiore tensione tra il governo e la categoria dei tassisti. Il Disegno di legge Concorrenza del governo Draghi, e in particolare l’articolo 10, mirava a riformare il settore del trasporto pubblico non di linea (taxi e NCC), introducendo principi di “apertura alla concorrenza” e consentendo l’ingresso delle piattaforme digitali nel sistema di prenotazione e gestione delle corse. Secondo il governo, si trattava di un adeguamento necessario alle richieste europee e di un tentativo di modernizzare il servizio. Per i tassisti, invece, rappresentava l’anticamera della liberalizzazione selvaggia e della “uberizzazione” del settore, con il rischio di svalutare le licenze e favorire i grandi gruppi tecnologici.
- 22–23 giugno: Le prime avvisaglie di protesta
Nelle giornate del 22 e 23 giugno si tengono assemblee spontanee e presìdi in numerose città italiane — da Roma a Milano, Napoli, Torino e Firenze, contro il contestato articolo 10. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, i tassisti accusano il governo di voler “svendere il servizio pubblico ai privati digitali” senza alcun confronto con le categorie. Le sigle principali (Usb, Ugl Taxi, Federtaxi Cisal, Uti, Tam, Unica Cgil) chiedono lo stralcio totale dell’articolo e l’apertura di un tavolo politico.
- 5–6 luglio: Sciopero nazionale di 48 ore
La tensione esplode a inizio luglio, con uno sciopero nazionale di due giorni, il 5 e 6 luglio. Cortei e presìdi bloccano le principali città, mentre a Roma migliaia di tassisti convergono verso Palazzo Chigi e il Ministero delle Infrastrutture.
Secondo Open e RaiNews, lo sciopero paralizza il servizio taxi in quasi tutta Italia. “Non siamo corporativi, ma difendiamo un servizio pubblico locale che rischia di essere consegnato alle multinazionali,” affermano i portavoce. In alcune città si registrano momenti di tensione con la polizia; il governo cerca di calmare le acque promettendo modifiche al testo, ma senza impegni concreti.
- 13 luglio: Palazzo Chigi blindato:
Pochi giorni dopo, il 13 luglio, nuove manifestazioni a Roma portano migliaia di tassisti in piazza Venezia e in via del Corso, fino a un Palazzo Chigi completamente blindato. Come riportato ancora da RaiNews e da testate locali, la protesta resta pacifica ma molto accesa: cori, fumogeni e cartelli contro “Draghi Uberizzato”. Le sigle sindacali denunciano la mancata apertura di un vero confronto e chiedono lo stop all’iter parlamentare del ddl.
Alla fine dell’estate, anche per effetto della caduta del governo Draghi, il provvedimento viene rinviato. L’articolo 10 resta formalmente in vita, ma la sua attuazione viene sospesa. La mobilitazione dei tassisti segna così una delle rare volte in cui una categoria riesce a bloccare un punto centrale della “riforma concorrenza” voluta da Bruxelles.

• 2024: Governo Meloni e il “Decreto Asset”: licenze aggiuntive e nuove regole
Dopo il gelo istituzionale del 2022, il confronto tra governo e tassisti riparte con il Decreto Asset e Investimenti del governo Meloni. Il provvedimento, varato nell’estate 2023, contiene all’articolo 9 alcune disposizioni sul trasporto pubblico non di linea (taxi e NCC) che puntano ad aumentare la disponibilità di auto bianche nelle grandi città, soprattutto in vista dei flussi turistici e delle grandi manifestazioni (come il Giubileo 2025). Il decreto consente ai Comuni di rilasciare fino al +20 % di nuove licenze taxi, anche in forma temporanea o stagionale, e introduce la possibilità di gestire parte delle assegnazioni tramite piattaforme digitali o consorzi. Il governo lo presenta come un intervento “di buon senso” per ridurre le attese dei clienti e modernizzare un servizio spesso insufficiente nelle metropoli. Ma per i tassisti rappresenta una nuova liberalizzazione mascherata, che rischia di svalutare le licenze esistenti e aprire la strada ai grandi operatori privati.
- 6 ottobre: Il decreto viene approvato, la categoria insorge
Il 6 ottobre il Consiglio dei ministri approva in via definitiva il Decreto Asset. Come riporta Sky TG24, le principali sigle sindacali — UGL Taxi, FIT-CISL, Unica CGIL, Federtaxi Cisal e UTI — reagiscono con un fronte comune, annunciando uno sciopero nazionale e definendo il provvedimento “un attacco frontale alla categoria”
- 10 ottobre: Sciopero nazionale di 24 ore, taxi fermi in tutta Italia
Solo pochi giorni dopo l’approvazione del Decreto Asset, il 10 ottobre, la categoria scende in piazza. Le sigle sindacali uniscono le forze in uno sciopero nazionale di 24 ore che paralizza il servizio taxi in gran parte del Paese. Come riportano Sky TG24, RaiNews e Ansa, a Roma e Milano i posteggi restano deserti, con cortei e presìdi davanti al Ministero dei Trasporti e in piazza del Campidoglio. I tassisti denunciano la “decisione unilaterale del governo”, accusandolo di voler “fare un regalo alle multinazionali delle piattaforme” e di “aggirare il Parlamento” su una materia regolata da anni di trattative. I rappresentanti di categoria ribadiscono la richiesta di bloccare il rilascio delle licenze aggiuntive e di aprire un tavolo tecnico per ridefinire il fabbisogno reale di taxi nelle grandi città. Alcuni sindacati, come Federtaxi Cisal e UTI, parlano apertamente di “colpo di mano contro il servizio pubblico locale”, mentre altri sollevano anche il tema della mancanza di trasparenza nei criteri di assegnazione delle nuove licenze.
Dopo la protesta, il Ministero dei Trasporti (Matteo Salvini) convoca un tavolo di confronto con le principali organizzazioni sindacali. Il MIT assicura che i decreti attuativi terranno conto delle “esigenze di sostenibilità economica dei tassisti” e che le licenze aggiuntive saranno rilasciate solo su richiesta dei Comuni “in situazioni di comprovata carenza” (in sostanza, non è cambiato nulla).
• Roma: una città in ostaggio dei tassisti
Roma, la capitale d’Italia, continua a essere ostaggio di un sistema taxi inefficiente, anacronistico e impermeabile a qualsiasi tentativo di riforma.
Non è un mistero: basta provare a richiedere una corsa in una delle tante fermate della città o tramite app per constatare un disservizio che, da anni, penalizza cittadini e turisti.
L’attesa è infinita, i taxi sono pochi, le licenze ferme da decenni. Eppure ogni proposta di modernizzazione viene accolta con la stessa reazione: scioperi, proteste e minacce di bloccare la città.
• Un monopolio che penalizza tutti
Il problema non è solo di Roma: riguarda l’Italia intera.
Un sistema bloccato, dove la domanda supera costantemente l’offerta, non è un’economia efficiente ma una rendita garantita per pochi.
La cosiddetta “tutela dei tassisti” ha di fatto creato un monopolio che genera profitti certi per chi possiede una licenza e disservizi certi per chi cerca semplicemente di spostarsi.
• È ora di agire: una riforma vera, non più rinviabile
A prescindere da scioperi, proteste o disordini, il governo deve agire.
La paura di qualche giorno di tensione non può continuare a bloccare una riforma che serve all’intero Paese.
I cittadini non possono essere ostaggio di chi, per difendere una posizione di privilegio, paralizza un servizio pubblico.
• Serve una svolta coraggiosa e strutturale:
- Aumentare le licenze taxi almeno del 25–30%, o anche di più nelle grandi città, per allineare l’offerta alla domanda reale.
- Ridurre i costi di rilascio e di trasferimento delle licenze, oggi gonfiati da un mercato chiuso e opaco.
- Liberalizzare l’accesso alle piattaforme private come Uber, Bolt, Free Now, senza clausole protettive o vincoli ideologici che difendono solo lo status quo.
Non si tratta di “dichiarare guerra ai tassisti”, ma di restituire libertà e dignità alla mobilità urbana.
Roma non può più essere una città dove il diritto a spostarsi dipende dall’umore di una categoria o dal numero di scioperi in calendario.